Green Economy

Legambiente ed ENEA presentano il primo studio preliminare sul microlitter negli ecosistemi lacustri

Quante e quali plastiche viaggiano nei nostri laghi e mari e si spiaggiano sulle nostre coste? La risposta è nello studio presentato oggi a Ecomondo da Legambiente ed ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Un’analisi della tipologia delle plastiche campionate durante le campagne estive di Legambiente Goletta Verde e Goletta dei laghi 2016, indirizzate non solo a fare la conta delle tipologie di materiale dei rifiuti trovati e la loro caratterizzazione chimica, ma anche a individuare soluzioni per il loro possibile recupero, progetto che gode della partnership di Mareblu e di Novamont.

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“Neanche i laghi sono esenti dal problema delle microplastiche, ritrovate in tutti i campionamenti eseguiti – ha dichiarato Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente -. Il risultato emerso dal nostro monitoraggio, che prende in considerazione cinque laghi italiani, il primo a livello nazionale, ci conferma purtroppo quanto già osservato per gli studi effettuati in mare. Il problema dei rifiuti dispersi in mare e lungo le coste sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti, come dimostrano i dati che raccogliamo ogni anno con Goletta Verde. Purtroppo, la cattiva gestione dei rifiuti a monte resta la principale causa del fenomeno e la plastica costituisce il 97% dei rifiuti galleggianti in mare. Al tempo stesso i nostri dati evidenziano come buona parte dei rifiuti che troviamo negli ambienti costieri e marini potrebbero essere riciclati. Elemento da tenere in considerazione nel determinare le azioni per la gestione del problema. Infatti la misura preventiva del fishing for litter, ovvero del coinvolgimento dei pescatori nella raccolta dei rifiuti in mare, indicata nella proposta nell’ambito della Strategia Marina del Ministero dell’ambiente, è buona ma non basta. È indispensabile prevenire il problema attuando campagne di sensibilizzazione e lavorando sull’innovazione di processo e di prodotto e sull’avvio di una filiera virtuosa del riciclo”.

Nell’edizione 2016 di Goletta dei Laghi è stato effettuato un primo studio preliminare sulla presenza di microplastiche nei laghi italiani, un lavoro che ha visto la collaborazione tra Legambiente, ENEA, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e ARPA Umbria.

Mentre gli studi sulla presenza di microplastiche in ambiente marino sono cominciati già negli anni 70, gli studi sui laghi sono ancora pochi, specialmente in Italia. I laghi in quanto sistemi semi chiusi potrebbero risentire ancora più dei mari della presenza dei rifiuti e delle micro particelle che producono.

I risultati riportati si riferiscono a cinque laghi: Maggiore, Iseo, Garda e i laghi di Bolsena e Albano nel Lazio e sono relativi alle particelle rinvenute con dimensione compresa tra 1 e 5 millimetri.

In tutti i campioni analizzati sono state trovate microplastiche: un dato inconfutabile sulla diffusione di questa contaminazione in ambiente lacustre, nonostante le diversità di ogni lago.

I laghi in cui sono state trovate più particelle sono l’Iseo e il Maggiore, con valori medi di densità di 40.396 e 39.368 microplastiche su chilometro quadrato di superficie campionata. I laghi di Bolsena e di Garda presentano densità medie simili, rispettivamente 26.829 e 25.259 particelle su chilometro quadrato. Il lago in cui è stata trovata la minore quantità di microplastiche è il lago Albano, con una media di 3.892 particelle su chilometro quadrato.

Contestualmente alla densità di particelle, sono state fatte analisi sulla loro forma e ipotesi sulle fonti. I frammenti costituiscono il 70% di tutte le particelle e sono presenti in tutti i laghi, così come i filamenti ma in percentuali minori (6,8%). Le particelle di polistirolo (che costituiscono il 14% del totale) sono state rinvenute solo nei laghi subalpini mentre nei laghi laziali spicca la presenza dei frammenti a forma di foglio (7,2%).

Nel caso di frammenti e fogli, le fonti principali si possono individuare nella disgregazione dei rifiuti di maggiori dimensioni; i filamenti, invece, sono riconducibili a cordame, tessuti sfilacciati e fibre tessili sintetiche derivanti dagli scarichi delle lavatrici; per quel che riguarda il polistirolo l’origine è legata alle lavorazioni industriali, imballaggi o attività di pesca.

Matteo Nardi

Giornalista ciclista. Scrivo di ambiente e tecnologia